Dormire nel lettone tra una mamma e un papà che si/ti vogliono bene è l’aspirazione di ogni bambino, il ricordo felice d’ogni adulto.
Certo è che il sogno di ogni mamma e papà che si amano è quello d’avere un bimbo che dorma sogni d’oro per tutta la notte nel lettino, magari – fino al compimento dell’anno – accanto a loro per potersi rassicurare e rassicurarlo in caso di necessità. Nulla di patologico, dunque, nella ricerca di condivisione del “nido” da parte del nostro piccolino, purchè di tanto in tanto.
Sono già le nonne però ad avvertire mamme e papà: “Purché non prenda il vizio” e il vizio non si prende se i riti della buonanotte, le rassicurazioni, la discreta vigilanza costituiscono una trama di relazione genitoriale solida e naturale.
Se da tutto ciò si eccede il fenomeno non è più naturale ma patologico. Il caso, ad esempio, di preadolescenti che ancora pretendono la divisione del lettone.
Ma andiamo per ordine.
La psicologia ha dato un nome a questo fenomeno, antico come il mondo: cosleeping, è così che si definisce, infatti, la voglia del bambino di dormire con la mamma e con il papà.
Possiamo parlare di cosleeping in tutti i casi in cui un figlio dorme in maniera ripetuta e costante nel letto o con tutte e due i genitori o solamente con la mamma. Il termine intende l’abitudine di condividere lo stesso letto a partire dalla primissima infanzia fino, nei casi più patologici, all’età prepuberale. E’ importante distinguere il cosleeping dal room-sharing pratica che vede l’inserimento del bambino nella stanza dei genitori, ma non la condivisione fisica del lettone.
Il dormire nel lettone di papà e mamma può avere diverse origini e può essere vissuto con diverse modalità, c’è il bimbo che dorme tutta la notte nel letto dei genitori mentre possiamo trovare il bimbo che vi trascorrerà solo qualche ora.
Gli studi qualitativi sul cosleeping sono in buona misura concordi nel riferire le motivazioni dei genitori rispetto alle diverse condizioni del dormire, che molto schematicamente possono essere ridotte a tre:
– cosleeping come scelta, infatti il bambino è un essere “naturale”, che necessita di un ambiente sicuro in cui svilupparsi. Se i genitori sono sintonizzati sulle sue richieste e i suoi bisogni, il bambino si sviluppa normalmente e con i tempi che gli sono propri
– cosleeping come tentativo di risoluzione rispetto a disturbi del sonno o a resistenze dei bambini sull’andare a letto, in questo caso, i genitori non temono che tale abitudine sia poi difficile da togliere, il bambino crescerà e andrà nel suo letto. “Chi ha mai visto un adulto dormire coi suoi genitori?”
Come neogenitori bisogna ricordare come l’andare a dormire prefigura, comunque, una separazione, anche perché nella nostra cultura si è presa l’abitudine di mettere a letto i bimbi prima dei genitori e in stanza separata. Noi la chiamiamo cameretta e la riempiamo di presenze rassicuranti, peluche e apine, per i bambini, al contrario, accade che la notte e il buio si popolino di presenze e presentimenti che il neonato non conosceva, e che alimentano reazioni di allarme più intense trovandosi svegli e soli nell’oscurità. Tutto questo dunque porta il bambino a mettere in atto tutto il suo repertorio comportamentale di attaccamento, a cominciare dal non volere andare a letto, fino a pretendere di restare alzato con i genitori e andare a dormire con loro.
Se il rapporto tra piccoli e genitori è sereno, se il sonno non è vissuto come abbandono, né separazione, ma naturale parte del vivere, se le rassicurazioni arrivano dalla solidità di un rapporto famigliare presto il bimbo supererà questa fase. Diversamente – genitori separati, madri single, conflittualità – la situazione potrebbe prendere una piega patologica e necessitare di una consulenza che tanto più è precoce tanto più potrebbe risultare risolutiva e rasserenante.
Dott. Antonio Cervigni, psicologo dello sviluppo e dell’educazione
E’ possibile interpellare il dott. Cervigni tramite mail, scrivendo all’indirizzo psicologodellemamme@gmail.com IL SERVIZIO è GRATUITO!!!!
Il dott. Cervigni è partener del Club delle Mamme di Macerata e provincia. Se vuoi saperne di più, clicca il seguente link: https://www.mammemarchigiane.it/wordpress/?page_id=1015
Se la sua esperienza l’ha aiutata con il primo bimbo non vedo nessun problema nel continuare con il lettino vicino al vostro letto anche per il secondo. È un metodo assolutamente giusto e condivisibile.
Che cosa ne dice invece del “side-bed” (un lettino attaccato al lettone)… Io mi trovo bene così, e anche con l’altro figlio devo dire che è stato abbastanza facile poi trasferirlo in cameretta sua e nel suo lettino! Finirà 3 anni tra un mese, ma dorme per conto suo da quando ha 2 anni..