Quella che presento è l’esperienza di una mamma, lettrice del sito, che sarà sicuramente utile ad altre future madri che hanno intenzione di partorire nell’ospedale di Fermo.

Anche stavolta quindi lascio spazio ad una storia privata, parole in confidenza, come potremmo scambiarle con un’amica che ci racconta le sue esperienze. Ogni commento o parere aggiunto nei commenti sarà, come sempre, assolutamente bene accetto e aiuterà ad arricchire le informazioni a disposizione di tutti.

Il racconto si inserisce nella sezione “Ospedali Marchigiani” e anche nella rubrica ‘Storie di Mamme’, che ogni tanto ospita in questo sito  i racconti di chi vuole parlare di una scelta, di uno stile di vita o altro, da condividere con i lettori del sito. Ad esempio l’opzione di un particolare tipo di scuola o di educazione, un problema che si è riscontrato, una situazione lavorativa, una protesta, un ricordo, un ringraziamento o altro, tutto quello che ruota attorno alla vita di una mamma della nostra provincia o regione. Chiunque volesse raccontare qualcosa, può scrivere all’indirizzo clubdellemamme@gmail.com

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La nascita della mia seconda figlia, Anita, è avvenuta nell’ospedale di Fermo l’11 agosto 2011. 

Non conoscendo minimamente la struttura, nell’ultimo mese di gravidanza, come ogni mamma, alle prese con crisi d’ansia e  curiosità, ho cercato a lungo in rete informazioni sul reparto di ostetricia, ma, con mia grande perplessità, non ho trovato nulla; le uniche testimonianze erano solo voci discordanti dei conoscenti e colleghi.

Non avevo dunque particolari aspettative, ma sono stata piacevolmente colpita da tutti gli operatori del reparto. La struttura è decisamente “vintage”: conserva tutto il ‘fascino’ degli ospedali anni ’50, con i letti in ferro, comodini verde banco di scuola, pareti scrostate e non c’è il bagno in camera ( ma subito fuori nel corridoio…).

Se si riesce andare oltre una prima impressione, che può essere decisamente sconcertante (trattandosi peraltro dell’ospedale di una cittadina capoluogo di provincia), ci si imbatte in un’equipe di medici, ostetriche, infermiere e operatori veramente professionali.

Io ho avuto alcuni problemi, e mi hanno ricoverato due giorni prima del parto: forse un eccesso di scrupolosità, ma mi sono sentita rassicurata e sono stata seguita in ogni fase del mio ricovero, nonostante il mio ginecologo non fosse presente (era in ferie…beato lui!). Ogni ostetrica che ho incontrato nei due giorni che hanno preceduto il parto  si affacciava in stanza ogni ora, per controllare come stavo (cosa che non mi era successa in ospedale a Macerata, con la nascita della prima figlia).

Se dovessi scegliere un aggettivo che connoti questa seconda esperienza del parto, sicuramente sarebbe “umano”. Non tanto per i dolori che ho sofferto (che di umano avevamo ben poco… alla faccia dei secondi figli che dovrebbero nascere più rapidamente!!), ma proprio per la vicinanza estremamente professionale del personale, che è riuscito a far sembrare la sala parto (l’ambiente meno ospitale e umano che ci si possa aspettare appena venuti al mondo!) una stanza calda e accogliente. Durante le ultime ore del travaglio l’ostetrica non mi ha mollata un secondo, fino a che non sono stata portata in sala parto  ( nella mia precedente esperienza, l’ostetrica era intervenuta solo in sala parto, mentre durante le 6 ore di travaglio l’ho incontrata solo una volta).

Inoltre, a differenza dell’ospedale di Macerata (dove, nonostante queste diversità, non mi sono trovata male!), a Fermo c’è una sala d’aspetto dedicata ai parenti delle partorienti proprio a fianco delle sale parto, all’estremità del reparto, il che rende il tutto molto intimo e personale, anche per chi sta vivendo il delicato momento dell’attesa!

La nota in apparenza maggiormente negativa è che non lasciano i bambini in camera: probabilmente le stanze sono troppo piccole per realizzare il rooming-in in maniera accurata, perciò i neonati vengono portati al nido ostetrico, e consegnati alle mamme quando è ora di allattarli (quando piangono, non necessariamente ogni tre ore).

Avevo fatto l’esperienza del rooming-in a Macerata, dove mi avevano lasciato la bimba in stanza (senza però darmi alcuna istruzione per l’uso!); devo dire che, nonostante le mie perplessità iniziali sul nido ostetrico, mi sono dovuta decisamente ricredere! Non solo perché ho scoperto che riposarsi dopo il parto non è male, ma soprattutto perché ho visto puericultrici che, quando ti portavano il bambino (che, peraltro, chiamavano sempre per nome), ti spiegavano il fantastico mondo dell’allattamento per filo e per segno, ti seguivano nei primi delicati tentativi, ed erano sempre disponibili ad ogni tua richiesta.

Credo che, a fronte di un rooming-in un po’ improvvisato, un nido ostetrico con personale che ti segue e ti prepara, per quanto possibile, nell’accudimento del tuo bambino sia decisamente più utile. Inoltre, in ogni caso, è comunque possibile tenere il bambino in stanza se lo desideri. L’unica nota, a mio parere, piuttosto negativa è che  ti portano i bambini anche nelle ore di visita, con il risultato che le stanze sono piccole, i parenti tanti, quelli della compagna di stanza ancora di più,e in mezzo a questa confusione tu dovresti allattare…

Mamma Ilaria

vedi anche:

Racconti di parto: Ospedale Salesi, Ancona

Racconti di parto: Ospedale ‘Engles Profili’ di Fabriano (An)

Racconti di parto: ospedale di Osimo (e un parere sul Salesi di Ancona)

Racconti di parto: ospedale di Jesi (An)

Racconti di parto: Ospedale di Macerata

Racconti di parto: Ospedale di S. Severino Marche (Mc)

Racconti di parto: ospedale di Civitanova Marche (Mc)

Racconti di parto: Ospedale Madonna del Soccorso, San Benedetto del Tronto (Ap)

Racconti di parto: Ospedale civile Mazzoni, Ascoli Piceno

Racconti di parto: Ospedale di Pesaro

Racconti di parto: ospedale di Urbino

Racconti di parto: ospedale di Fano (PU)

Partorire in provincia di Ancona

Partorire in provincia di Macerata

 

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