parto in casa

Andriana è una mamma residente a Macerata, che ha scelto il parto in casa per il suo primo figlio.

Ecco la sua esperienza.


Quando, con mio marito, avevamo deciso che eravamo pronti ad avere un bambino ed aprimmo il cantiere, mi capitò di fare un viaggio di lavoro nei Paesi Bassi.

Scoprii allora che lì avevano il tasso di mortalità dei neonati e delle partorienti più basso al mondo in assoluto da anni.

Il motivo era che i parti fisiologici non hanno mai smesso di essere svolti a casa.

Dunque capii che non era questione di fortuna il buon esito del parto in casa, ma pura statistica e scienza esatta.

Ne parlai con dei miei conoscenti, una coppia di professori universitari stimati al livello internazionale.

Loro hanno avuto i loro figli così, a casa, e decisamente non li consideravo delle persone sprovvedute, fricchettoni, modaioli o irresponsabili. Anzi.

Una possibilità non prevista

Questo fatto mi fece riflettere, mi aprì una finestra sul mondo e fece si che incominciassi ad approfondire la materia, ad informarmi il più possibile sul parto in casa.

In sintesi, scoprii che il parto come lo conosciamo oggi è un’invenzione recente.

La posizione scomoda ed errata della donna in posizione sdraiata, risale ai tempi di Luigi XIV, se non erro, un re guardone al cui piaceva spiare come partorivano le sue amanti.

Per assicurargli la visuale migliore, le poverine, dalla naturale posizione accovacciata che seguiva la forza di gravità, dovettero partorire sdraiate con le gambe al aria per la comodità del medico al servizio del re.

Per meglio illustrarvi il concetto, provate ad immaginare di fare la popò nella posizione sdraiata.

E così comincio a divulgarsi la moda.

Il passo successivo arrivò dopo la seconda guerra mondiale con la eccessiva medicalizzazione ed ospedalizzazione del parto, dimenticandosi pian piano che il parto non è una malattia.

Da moda a prassi

Da lì anche la moda di diverse pratiche oggi considerate estremamente pericolose, dannose e sbagliate anche se ancora quotidianamente praticate.

Ma purtroppo il danno è stato fatto e la gente ha la tendenza di delegare la responsabilità, fidandosi ciecamente di altri invece di informarsi per poter scegliere, riflettere ed ascoltare il proprio buon senso.

Ci si informa per bene quando si sceglie una nuova macchina o la cucina, ma non altrettanto quando si tratta del nostro corpo, della salute e della vita dei nostri figli.

Il parto in casa, tanti vantaggi

La cosa più importante però che scoprii è che partorendo a casa si può assicurare al bambino, alla mamma, e al papà il meglio in tutti i sensi.

Al bambino si assicurano i benefici della nascita non violenta (di cui primo noto teorico fù Leboyer) che gli darà delle buone basi per il resto della vita.

Scientificamente è provato che i bambini ricordano la nascita, e non a caso il detto popolare dice che il buongiorno si vede dal mattino.

Si garantisce poi l’unità della famiglia da subito, in tre e alla pari, senza escludere il povero papà come si fa negli ospedali.

In questo modo si evitano tanti problemi psicologici che sottilmente sorgono in tante coppie.

Non si rischiano poi né le famigerate infezioni intraospedaliere né danni/errori dovuti al fatto che negli ospedali pubblici purtroppo non si guarda l’individuo, ma al primo posto vengono i protocolli ospedalieri ed altro ancora.

Un esempio tra tutti sono le lacerazioni che si potevano evitare e che possono diventare un problema per il resto della vita di una donna.

Per non parlare di innumerevoli tagli cesarei di cui si poteva fare a meno.

parto in casa

Infine, siccome il parto in casa è regolamentato per legge e nella Regione Marche esiste in tal senso una bella legge regionale, quale altra prova dovevo avere che si tratta di una cosa sicura e normale, e non orba e da ciarlatani? 


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Devo ammettere anche che son una fifona –  io avevo troppa paura per partorire in ospedale (siamo tutte diverse e ad ogni donna va il suo tipo e luogo di parto, non tutto è per tutti).

La mia paura e decisione maturò con la gravidanza ed episodi personali di mala sanità, di incompetenza dei medici della mutua con i quali sono arrivata in contatto.

La valigia dell’ospedale

La goccia che fece traboccare il vaso fu la lista delle cose necessarie da portare nella valigia in ospedale.

Mi si chiedeva di portare dei copriwater usa e getta e dei detersivi per lavare i sanitari.

Io mi blocco e non riesco ad andare in bagno durante i viaggi e nelle case degli altri, figurati che blocco psicologico mi sarebbe venuto in ospedale, in un momento di tale delicatezza dove avrei dovuto pensare io se il bagno era pulito!

È risaputo che tante donne con la dilatazione e il travaglio da manuale nel momento in cui arrivavano in ospedale, inconsciamente si bloccavano e la dilatazione si arrestava.

Questo a causa dell’ambiente non familiare, austero, freddo ed in condivisione con degli estranei.

Così si convinsero anche  mio marito e i familiari.

È fondamentale che entrambi i partner siano d’accordo.

Se le cose non sono lisce, è facile che fioriscano dei problemi in un momento così delicato, che mette a nudo la nostra natura, la nostra psiche.

Quando arrivò il momento opportuno abbiamo scelto le nostre ostetriche.

Non c’è proprio paragone con niente e nessuno per quanto riguarda il livello di assistenza che abbiamo ricevuto.

Le ostetriche, dopo la 32. settimana di gravidanza, cominciarono a venire tutte le settimane a casa per tenerci il corso personalizzato e naturalmente conoscerci e prepararci al meglio per il lieto evento.

Oltre a questo, la reperibilità costante e nel pacchetto erano incluse anche le visite per il dopo parto in modo tale che tutto proseguisse al meglio, anche con l’allattamento.


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Per loro tu sei la priorità assoluta.

Non esistono le distrazioni, altri casi, cambi turno, sono sempre lì con te e per te a guidarti, aiutare sia a te che ai tuoi famigliari.

Oltre alle ostetriche, a casa nostra erano presenti anche l’osteopata e la sorella di mio marito che si occupò di tutte le faccende di casa.

In Francia gli osteopati fanno parte del sistema sanitario nazionale e fanno parte del team che compone il personale di una sala parto.

Ho preferito seguire il saggio consiglio di tenere lontane la madre e la suocera.

Così nessuno mi fece irritare o arrabbiare.

Dopo il parto, le ostetriche fecero da scudo in modo tale che la piccola nuova famiglia potesse avere un po’ di tempo per il rodaggio, conoscersi e godere il momento di intimità speciale, oltre che riposare il più possibile dopo uno sforzo tale qual è il parto.

Noi tre ci siamo sistemati sul nostro lettone e tutto il resto è arrivato da noi, a domicilio: visita pediatrica, screening delle malattie del sangue, controlli.

Le visite della gente cominciarono più meno dopo 3 giorni.

Tanti mi chiedono se ho avuto mai paura che potesse succedere qualcosa di brutto.

Innanzitutto sapevo che le ostetriche, arrivando, avevano allertato il 118 e l’ospedale, che era al corrente di tutto ciò che accadeva ed erano pronti.

Questa è una prassi standard dei parti in casa.

Ci fosse stato bisogno, sarei stata lì in un attimo (abito a meno di 3km dal ospedale), lo stesso dei tempi tecnici dell’ ospedale e così non c’era alcuna differenza in questo senso.

In più, quando c’è qualcosa che non va sono le cose che si possono/potevano prevedere prima e noi abbiamo escluso tutte le eventualità.

Le complicazioni che accadono di solito non hanno una spiegazione, in apparenza – in verità c’è l’hanno – sono di natura psicosomatica e allora è completamente fuori luogo dire “Meno male che ha partorito in ospedale, pensa se non era in ospedale”.

Io provocatoriamente  rigiro le parole e dico “Pensa se era a casa, la cosa magari non sarebbe accaduta”.

Qualcuno mi chiedeva cosa sarebbe successo se il cordone ombelicale fosse stato intorno al collo del bambino.

Beh, il cordone non necessita di nessun intervento tempestivo che non possa venire praticato anche fuori dalle mura ospedaliere.

Ma veniamo alla giornata del parto.

Il mio ragazzo, come tanti primi figli, si fece attendere per oltre 5 giorni dopo il termine.

Le acque si ruppero alle 3 del mattino e per tutto il giorno fino alle ore 18 non accadde nulla e io mi comportai normalmente.

Ho bevuto e mangiato, tra l’altro, tutto ciò che volevo.

Verso sera cominciarono le prime contrazioni e allora mi trattò l’osteopata per assicurarsi che il canale del parto fosse libero e il bimbo ben posizionato.

Mio marito accese le candele in giro per la camera da letto per creare l’atmosfera.

Mise poi sul portatile la mia musica classica preferita come sottofondo.

Riuscì benissimo a rendere l’ambiente accogliente, addirittura romantico.

Lui, mia cognata e l’osteopata si premurarono di massaggiarmi la zona lombare in continuazione, di leggermi le favole e di fare con me gli esercizi di respirazione.

Secondo gli accordi presi in precedenza le ostetriche sono arrivate quando le contrazioni erano a meno di 5 minuti l’una dall’altra.

Ciò accadde verso mezzanotte e portarono con sé una scia di allegria e freschezza.

Il bambino ha visto la luce del giorno nel momento in cui sorgeva l’alba.

Io, ai piedi del letto, aggrappata al mio marito, riuscivo ad ammirarla dalla porta finestra aperta da dove arrivava un appropriato venticello visto che era estate.

Se fossi stata in ospedale probabilmente avrei subito un parto cesareo, poiché lì calcolano la dilatazione da quando si rompono le acque.

La dilatazione dovrebbe essere di un centimetro ogni ora per arrivare a 10 centimetri e dunque dieci ore di tempo con qualche margine.

Io non ho avuto un punto e il bambino ha avuto l’Apgar 10. L’emozione era indescrivibile.

Abbiamo lasciato pulsare il cordone ombelicale che ha tagliato mio marito solo nel momento in cui ha smesso di pulsare.

In questo modo ha dato e trasmesso a nostro figlio il massimo che poteva fare.

Perciò anche niente paura che non avesse avuto abbastanza ossigeno in quanto aveva due vie da dove gli arrivava.

Siamo molto dispiaciuti che non si possa donare il sangue del  cordone ombelicale in un parto in casa.

Con altrettanta molta calma mio marito, sempre con l’aiuto dell’ostetrica, ha anche lavato il nostro figlio mentre l’altra ostetrica si occupava di me.

Per quanto riguarda la placenta io ero propensa per un lotus birth ma mio marito non altrettanto, e allora siamo scesi al compromesso.

Da un pezzetto di placenta abbiamo fatto il rimedio unico, omeopatico, per il bambino, e il resto della placenta i nonni l’hanno sepolto nel giardino e sopra piantato un albero per nostro figlio.

Era un’esperienza talmente positiva e speciale che il giorno stesso ero pronta ad avere un altro figlio!

Non avevo un minimo di  trauma da cui riprendermi dopo il parto.

Un parto e una nascita del genere li auguro di tutto il cuore ad ogni mamma, papà e bambino.

Mamma Andriana, Macerata


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