Dopo i primi tre racconti, un’altra mamma della provincia di Ascoli ha voluto raccontare il difficile percorso per la maternità di chi è costretto a ricorrere alla fecondazione assistita.

Una realtà molto diffusa, che spesso, ingiustamente viene nascosta per pregiudizi, vergogne, paure. Grazie alla testimonianza di questa mamma sarà possibile per altre nella stessa situazione trovare informazioni, confronto e conforto.

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La mia storia è iniziata nel 2011, quando dopo un anno di rapporti liberi, non arrivava nessuna cicogna.

Iniziamo i primi timidi controlli: spermio, isterosalpingo, esami del sangue.

Un primo luminare (180€ di visita, sbrigativo….”avete una certa età” – all’epoca entrambi 37 anni -“è difficile… vediamo… che volete che sia… si passerà alla fivet“).

Esegue lui la salpingo il giorno del mio compleanno; mi manda a casa: “Buon compleanno signora, qui sotto tutto ok, faccia delle buone vacanze!

Arrivano i risultati: le tube sono aperte, se pur da un lato il liquido è passato con un po’ di difficoltà.

Lui ci legge: “Signora ci sono ostacoli, è troppo vecchia per perdere tempo e fare la laparoscopia, andiamo direttamente a fare la fivet, vi prescrivo gli esami!”.

Primo macigno che si abbatte su di noi… fiumi di lacrime… smarrimento.

Decido di fare un consulto a Milano: “Signora, non dia retta, le tube sono aperte, non avete i requisiti per fare direttamente la fivet, aspetti qualche altro mese e poi provi con almeno tre tentativi di inseminazione“.

Bene, arriva il momento del Centro di fertilità di Cattolica: catena di montaggio; elenco innumerevoli di esami (per carità ci vogliono).

Esami alla mano iniziamo la prima stimolazione… fallita: per carità ha prodotto troppi ovuli signora rischiamo di farle fare tanti gemelli!

A giorni alterni vai a Cattolica, fai esami del sangue ed ecografia (è questo l’iter).

Seconda stimolazione ok: inizia la prima inseminazione.

Nel frattempo si avvicendano tre/quattro dottori con visioni d’insieme spesso contrastanti.

Nessuno che tenta di farti sentire a tuo agio. Arriva il giorno dell’inseminazione… tesa come una corda di violino, faccio del mio meglio per rimanere tranquilla… ma capite?!!? Come si fa, soprattutto quando tra infermieri e medici ti guardano e ti trattano come se fossimo in fila alle poste??

Bene, dopo giorni di cannule varie, e ormoni… arriva il ciclo: tentativo fallito!

A quel punto dopo notti, giorni e ore di preoccupazioni, speranze, ansie e preghiere decidiamo: mai più!

Cosa potrei mai raccontare a mio figlio, se mai un giorno arriverà? Quale poesia del concepimento, o anche quale solo bravo medico ho incontrato sul mio percorso?

Decido dopo alcuni mesi di fare un colloquio con il primario di Ginecologia di San Benedetto del Tronto, professionista serio, preparato umano e anche psicologo.

Mi fa un discorso e mi convince: manca la laparoscopia per chiudere iter diagnostico. La faccio. Va tutto bene, utero ovaie… tutto sembra essere ben organizzato.

Dopo quattro mesi resto incinta.

Il mio bimbo ora ha due anni e mezzo e non vi sto a descrivere la mia gioia, quella da mamme, la conoscete anche voi.

Ciò che non conoscete, se non ci siete passate è invece quella sensazione che ti dilania l’anima e il peggio che incontri nella nostra Sanità, dove non sei persona ma carne da macello e dove nessuno ti chiede come ti senti dentro.

Giulia  – prov. Ascoli Piceno

 

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