
Qualche giorno fa ho pubblicato un articolo in cui esprimevo tutta la mia perplessità sull’ipotesi di continuare la scuola a distanza anche a settembre.
Torno ora a parlare di scuola a distanza a settembre pubblicando un nuovo parere.

Si tratta delle parole di Silvia Casilio, insegnante di scuola superiore della provincia di Macerata, che è anche mamma di una bambino che frequenta la scuola primaria e rappresentante di classe dei genitori.
“Rispondo alla richiesta di Silvia Alessandrini Calisti di mammemarchigiane.it di dire la mia sulla DaD e sull’ipotesi (nefasta) che le scuole non aprano neanche a settembre.
Me lo ha chiesto in quanto madre di un bambino che frequenta la primaria, in quanto rappresentante di classe e in quanto docente alle scuole superiori.
Una triplice veste impegnativa e che sta mettendo a dura prova la mia tenuta psicologica in questo tempo sospeso.
Cercherò di far parlare tutte le tre “me” coinvolte nella DaD con uno sforzo di sintesi che poco mi appartiene.
La scuola a distanza è un ossimoro: la didattica è presenza, è confronto, qualche volta anche scontro, è scambio di competenze e ed è soprattutto relazione.
Quello che stiamo facendo in questo periodo non è didattica ma gestione di un’emergenza imprevista che ci ha colto essenzialmente impreparati, tanto noi in qualità di docenti e di genitori quanto i nostri ragazzi in qualità di studenti e di figli.
Certo, lo stiamo facendo al meglio.
E questo riguarda la maggior parte dei colleghi e delle colleghe che in questa occasione ha dato una dimostrazione di quanto la scuola pubblica italiana possa contare su una classe docente, benché sottopagata e non sempre valorizzata, molto preparata e a servizio della comunità.
Ci stiamo tutti impegnando affinché i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze non si sentano soli e sole nonostante le distanze e nonostante le evidenti difficoltà eppure tutti e tutte abbiamo la certezza che questa situazione non possa continuare.
Stanno emergendo le differenze sociali fra chi ha a casa strumentazioni e risorse (dal computer ad una famiglia presente e preparata), si sta creando un baratro fra diverse scuole e soprattutto fra ordini e gradi.
Dire come fa la Ministra in questi giorni che la scuola a distanza è un successo è un’operazione pericolosa e semplicistica:
abbiamo fatto il possibile come docenti e come genitori ma la scuola, come già detto, è presenza!
La tecnologia è uno strumento utile ma non può essere l’unica modalità in campo:
la DaD esclusiva è terribilmente discriminatoria (non tutti hanno le stesse possibilità) e classista (chi non ha risorse rischia di perdersi) e non può essere presa in considerazione l’ipotesi che possa diventare la nuova modalità di “fare scuola”.
Più che un successo direi che alcuni se la sono cavata altri hanno dimostrato di non essere adeguatamente formati, in molti e molte ci hanno messo l’anima per i propri ragazzi e le proprie ragazze ma non si azzarderebbero mai a dire che è un successo.
Di sicuro tutti vogliamo tornare a scuola.
Io sono tra coloro che ha sempre pensato che la didattica e la scuola dovessero ripensare se stesse così come dovrebbero ricorrere sempre di più all’uso nelle nuove tecnologie per coinvolgere di più e rendere gli studenti e le studentesse sempre più protagonisti della scuola in classe e non solo.
Ma la tecnologia va utilizzata a scuola con e per i ragazzi e le ragazze, va sperimentata insieme a loro per implementare la didattica non per sostituirla.
Mio figlio di 9 anni è disorientato:
a lui manca la scuola e manca la maestra che sin dall’inizio è stata sempre presente e bravissima ad organizzare le attività in modo che i bimbi e le bimbe si sentissero “come a scuola”.
Anche come rappresentante il mio compito è stato reso semplice dalla bravura della maestra che ha coordinato i suoi colleghi e ha fatto sì che i genitori non si trovassero a dover gestire quintali di fotocopie da stampare o altro.
Non smetterò mai di ringraziarla per questo eppure mio figlio vuole tornare a scuola perché il suo è un sentimento sano:
vuole vedere i suoi compagni, vuole avere per 8 ore l’attenzione degli insegnanti e vivere una dimensione diversa e altra da quella casalinga.
In questi due mesi credo si sia sentito incredibilmente solo:
io e il padre immersi nei computer e lui lì a cercare di costruirsi una normalità con l’esperienza e le competenze dei suoi 9 anni.
Se non fossi anche una docente e quindi non vivessi la scuola tutti i giorni, sarei tra coloro che in questo momento iniziano a sbraitare per l’ipotesi che la scuola non riapra:
non è pensabile per uomini e soprattutto per donne che devono tornare al lavoro farlo con i figli, soprattutto se piccoli, a casa.
In un paese come il nostro in cui le donne lavorano di solito part-time e con stipendi inferiori dei propri compagni saranno proprio loro a pagare il prezzo più alto.
E saranno proprio loro a rinunciare al lavoro per seguire i figli.
È una tragedia nella tragedia eppure… bisogna essere ragionevoli e prendere in considerazioni anche le possibili soluzioni.
Ecco io sono tra coloro che credono fermamente che sia necessario, vitale anche per la salute dei nostri figli, tornare a scuola in presenza.
Ma la domanda a cui non so trovare una risposta è:
come poter pensare di far tornare i nostri bambini e le nostre bambine, i nostri ragazzi e le nostre ragazze in edifici piccoli, vecchi a volte privi delle “normali” misure di sicurezza con una pandemia in giro?
Il problema non è, come ha detto il Presidente del consiglio, l’età della nostra classe docente.
Il problema è un’edilizia scolastica abbandonata completamente a se stessa da sempre e inadeguata.
Trasporti pubblici insufficienti e incapaci di rispondere alle necessità dei propri territori, risorse tecnologiche insufficienti e non alla portata di tutti e di tutte.
Infine una classe politica che in un momento grave come quello che stiamo vivendo rilasci ogni giorno delle dichiarazioni in cui dice tutto e il contrario di tutto:
prima si è parlato di scuola a distanza fino a dicembre, poi di un rientro a gruppi.
“Studenti a targhe alterne: una settimana A-L, l’altra M-Z…” e nel frattempo chi li debba guardare a casa se i genitori sono al lavoro non si è capito.
E ancora, “Non ci saranno più le classe pollaio; dimezzeremo le classi”, ma con quali professori e quali risorse????
Qualcuno mi dirà che per settembre mancano quattro mesi e in quattro mesi di cose se ne potrebbero fare molte…
io sono una storica e posso affermare con sicurezza che l’Italia sta aspettando una riforma dell’edilizia scolastica dagli anni settanta del Novecento.
Paghiamo ora anni di tagli orizzontali e politiche di depotenziamento della scuola italiana che ora mostrano tutta la loro gravità e profondità.
La scuola deve necessariamente tornare in presenza e su questo non abbiamo alcun dubbio, siamo tutti d’accordo e su questo convergono anche le mie tre “me” coinvolte in questa triste situazione.
Il problema è che conoscendo il nostro paese e soprattutto conoscendo la scuola dall’interno io non so come questo possa avvenire concretamente.
Le possibili soluzioni sono molte:
dirottare i soldi per le spese militari sull’edilizia scolastica subito, ripensare e sanificare gli spazi all’interno delle scuole, fare in modo che i ragazzi e le ragazze possano fare scuola all’aperto come in Danimarca, assumere più personale ATA e docente per garantire il tempo pieno in sicurezza, rivedere l’urbanistica e ripensare ai trasporti…
tutto ottimo… sulla fattibilità di questo in così breve tempo io ho delle grosse perplessità.
Sarò eccessivamente realista ma mi sembra tutto molto molto complesso.
Concludendo sul “che fare?”, viviamo un tempo sospeso così come sospese sono le risposte e incerto è il futuro:
restano solo ben presenti e tangibili le preoccupazioni, la stanchezza – profonda e insormontabile a volte – e il senso di impotenza nei confronti di quei ragazzi che inevitabilmente stiamo perdendo.
Questi sentimenti sono comuni alla madre, alla docente e alla rappresentante di classe.”
Silvia Casilio
Sempre a proposito della questione scuola a distanza, segnalo alcune risorse e pareri interessanti:
Documento per la ripresa della vita scolastica, Accademia della Crusca
Bambini e adolescenti, tra i più esposti all’impatto indiretto della pandemia
Chi viene lasciato indietro rischia di non tornare più a scuola