sharenting

Lo sharenting è un neologismo ormai piuttosto diffuso.

Fare sharenting è una delle attività più frequenti da parte dei genitori, ma ti sei mai chiesta quanto sia giusto e quali rischi può comportare?

La dott.ssa Silvia Cimarelli, psicologa e psicoterapeuta, ci spiega cosa significa, perché lo facciamo e come sarebbe meglio comportarci per educare correttamente i nostri figli anche digitalmente.

Qui trovi le sue riflessioni.


Sharenting: sicuramente molti di noi ne avranno sentito parlare.

Il termine Sharenting venne usato per la prima volta in un articolo del Wall Street Journal in cui si parlava in particolare di oversharenting.

In pratica si tratta di un’eccessiva tendenza da parte dei genitori a condividere all’interno dei propri profili social, foto, commenti, video, ecc. dei loro figli.

La parola sharenting deriva dall’unione di due parole inglesi: share che significa “condividere” e parenting che vuol dire “essere genitori”.

Oggi lo sharenting fa riferimento a tutti quei comportamenti che i genitori mettono in atto attraverso i social nei confronti dei loro figli, in particolare appunto rispetto alla condivisione di materiale che li riguarda.

Vivere onlife

Ormai viviamo nel cosiddetto onlife cioè in una dimensione in cui non si riesce più a distinguere tra l’on line e l’off line.

Le due esperienze infatti si intrecciano continuamente l’una con l’altra tanto da non riuscire più a distinguerle in modo netto.

In questa nuova dimensione dell’onlife, la condivisione diventa sempre più spesso normale, naturale.

Tuttavia in realtà postare materiale che coinvolga soggetti minori può nascondere seri pericoli.

Diventa allora estremamente importante diventare consapevoli dei rischi che possiamo incontrare e conoscere quali strategie mettere in atto per limitare i potenziali danni.

La memoria perpetua del web

Contrariamente infatti a quanto accade per la mente umana, il web ha una memoria di ferro e riesce a ricordare tutto!

Condividendo video, foto ed altre informazioni sui nostri figli, non facciamo altro che creare la loro identità digitale.

Di questa loro idemtità digitale rimarrà traccia per sempre nel web e potrebbe essere usata da chiunque per qualsiasi finalità.

Perché condvidiamo le foto dei figli online?

Ma quali sono i motivi che ci spingono a postare foto e altro materiale dei nostri figli?

Molti ricerche sul tema presenti in letteratura suggeriscono la presenza di diversi meccanismi alla base di tale fenomeno.

Rinforzo positivo

Il primo sicuramente è ciò che di fatto muove la pubblicazione di qualsiasi post sui social ovvero il rinforzo positivo che deriva dai “mi piace” che riceviamo per il post.

Ogni singolo “like” infatti fa scattare il sistema di ricompensa che è alla base dell’apprendimento di molti comportamenti umani.

La gratificazione derivante dalla risposta positiva o da un commento ad un post innesca la produzione di dopamina che viene messa in circolo e che rafforza la sensazione di piacere.

Questo ci porta di fatto, con molta probabilità, a ripetere quello stesso comportamento per provare di nuovo quel piacere.

Si tratta dello stesso meccanismo alla base anche di molti comportamenti di dipendenza.

Narcisismo genitoriale

La seconda motivazione sembrerebbe essere più di tipo narcisistico.

Dalle interviste effettuate ad alcuni campioni rappresentativi di genitori attivi sulle varie piattaforme, emerge un quadro chiaro.

I social diventano una sorta di vetrina in cui mostrare (tanto che qualcuno parla addirittura di “spettacolarizzazione”) il proprio operato come genitore.

Si pubblicano foto dei figli per avere conferme che si sta facendo un buon lavoro, ma anche perché si è orgogliosi di loro.

Motivi comunitari

Vi è poi una dimensione motivazionale di tipo comunitario.

Questa è relativa al desiderio di contatto con amici e parenti alcune volte anche lontani anche per confrontarsi su dubbi, preoccupazioni, domande sulla gestione dei figli.

Tuttavia sempre più spesso i contenuti non son condivisi con una cerchia ristretta di persone ma con tutti i contatti.

sharenting

Estrema diffusione degli smartphone

Infine l’ultima motivazione fa riferimento ad un fatto piuttosto pratico ovvero l’estrema diffusione degli smartphone.

Questo ha portato ad una forte crescita dell’uso dei social (la maggior parte delle persone infatti accede quotidianamente ai social tramite smartphone) da parte di un’ampia categorie di persone.

Con la smartphone è facilissimo e velocissimo condividere foto, post, video in qualsiasi luogo e momento.

Inoltre questi telefoni hanno fotocamere e videocamere sempre più sviluppate che spingono ad utilizzare soprattutto il canale delle immagini e dei video per raccontare di sé (vedi Instagram e le stories).


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Quali sono i rischi

Rispetto ai rischi, i più importanti sono certamente quelli della pedopornografia e del grooming (o adescamento).

Si tratta cioè della possibilità che foto ed informazioni relative ad un minore finiscano in mani sbagliate e che vengano perfino utilizzate per tentare un “avvicinamento” al minore sia online che offline.

L’eventuale pedofilo potrebbe cercare di creare una relazione di amicizia e di fiducia con il minore per poi giungere anche ad abusarne.

Le sue azioni sono rese possibili grazie all’uso di tutte quelle informazioni che possono essere trovate nei social (dove va scuola il bambino, dove abita, cosa fa di solio, ecc.).

Altro rischio è il cyberbullismo e l’azione da parte degli hater .

Questi potrebbero utilizzare, ad esempio, foto d’infanzia “imbarazzanti” postate dai genitori di un adolescente (foto del bagnetto, mentre fa cose buffe, di momenti intimi in bagno o di nudità, ecc.) per ridicolizzarlo o attaccarlo.

Ci si potrebbe chiedere inoltre se foto di questo tipo potrebbero ad esempio creare difficoltà da adulti in previsione di un potenziale colloquio di lavoro.

Poi ci sono i problemi connessi con la privacy.

Di fatto, postando foto dei propri figli si sta creando loro un’identità digitale senza il loro consenso.

Questa potrebbe essere clonata o rubata in qualsiasi momento o utilizzata dalle aziende per creare dei profili commerciali anche ai più piccoli.

Come proteggersi e tutelarsi

Innanzitutto chiediamoci perché stiamo condividendo una foto di nostro figlio.

Saremmo disposti ad appenderla, ad esempio, nella bacheca del nostro ufficio? La foto che stiamo per postare potrebbe essere imbarazzante in futuro lui o per lei?

Se non ne siamo certi insomma, meglio evitare.

Si può poi ad esempio limitare la condivisione, scegliendo solo un ristretto gruppo di persone a cui mostrare l’immagine (gli amici reali!).

E’ imporante poi chiedere a questi amici di non condividere a loro volta queste immagini.

Sarebbe bene anche offuscare il volto del bambino o fotografare solo un suo piccolo dettaglio (ad esempio una mano) senza riprenderlo ad immagine intera.

Altrettanto vale per immagini o video condivisi tramite servizi di messaggistica istantanea (ad esempio WhatsApp).

Infine potrebbe essere utile evitare di condividere informazioni personali (il nome della scuola frequentata, la residenza, le abitudini del bambino, ecc.).

Infine è assolutamente da escludere la pubblicazione di foto dei bambini nudi.

La parola d’ordine quindi è riflettere bene ed eventualmente condividere con molta attenzione!


Dott.ssa Silvia Cimarelli, psicologa psicoterapeuta

San Severino Marche (Mc)

Su facebook Dott.ssa Silvia Cimarelli Psicologa/Psicoterapeuta

mail: silvia_cimarelli@yahoo.it

Tel / whatsapp 339 265 3900


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